“Difendo la città” è uno slogan che a Napoli sentiamo spesso.
Anche a Wroclaw è un leit motiv abbastanza comune per la tifoseria locale. E per questa ragione, i tifosi hanno deciso di rendere speciale un anonimo e malconcio quartiere ex- comunista di Breslavia.
Una storia che avvicina Wroclaw e Napoli nello sport e nella vita cittadina.
Il quartiere di Nadodrze trasmette un rassegnato senso di abbandono non diverso da quello che si prova fra gli stradoni pieni di cartacce delle periferie napoletane. Una zona che cozza terribilmente con l’ordine e la pulizia del centro città, che invece è un villaggio degli gnomi.
Basta infatti abbandonare il centro cittadino per trovare palazzi che hanno addirittura fori di proiettile e cicatrici della II Guerra Mondiale alternati a blocchi di cemento figli di quel periodo comunista in cui lo Stato assegnava case di 11 metri quadri per persona.
La malinconia del passato si spezza nel mezzo di Via Roosvelt: all’altezza del civico 5 c’è un “tunnel” con un murales dedicato allo Slask Wroclaw, la squadra di calcio locale che, insolitamente per la Polonia, ha una tifoseria molto appassionata e “napoletana” di testa e di storia. I tifosi cantano ogni domenica allo Stadio l’amore verso una squadra che, nella sua Storia, ha avuto più delusioni che gioie.
Poi, improvvisamente compare una vista che ricorda i murales di San Giovanni a Teduccio, mentre fra i palazzi si avvicendano persone che proseguono placidamente le loro vite in mezzo a racconti d’arte misti a sterpaglie e strade accidentate.
Il primo a salutarti è il “Totti di Breslavia“, Tadeusz Pawlowski, la stella della squadra che regalò ai tifosi il primo scudetto della loro Storia negli anni ’70.
E anche qui torna Napoli. Anzi, la SSC Napoli.
Ci troviamo precisamente in un quarto di finale di una Coppa delle Coppe del 1977: il Napoli di Pesaola, Iuliano e Bruscolotti riuscì a sconfiggere i polacchi con una doppietta al San Paolo. (Per i curiosi, i replay dei gol di Carmignati e Iuliano)
Per i tifosi di Breslavia la trasferta in Italia fu una sorta di miracolo da vivere ad ogni costo: i viaggi al di là della Cortina di Ferro erano molto costosi e molti tifosi furono costretti a barattare cibo e vestiti pur di avere un biglietto per portare moglie e figli a Napoli, sfruttando la scusa della partita per conoscere un’Italia che, un anno dopo quella partita, sarebbe diventata vicinissima grazie all’elezione del Papa.
La sconfitta di Napoli fu comunque digerita bene: quell’anno lo Slask vinse il suo primo scudetto della Storia grazie proprio alle prestazioni del suo centrocampista.
Ma c’è anche spazio per l’arte pura: un signore sposta un furgoncino parcheggiato davanti a un muro e, come per miracolo, alle sue spalle compare un murales dedicato a Mondrian.
Dal passato recente, un tuffo nella preistoria, con i dipinti rupestri su un palazzo vecchio e rovinato.
Infine, come in ogni storia polacca, compaiono le armi: ecco il bambino armato di Varsavia e vicino il racconto dell’Insurrezione del 1944. Mentre cerco di avvicinarmi alla porta d’ingresso del condominio, un signore in canottiera irrompe nella scena per buttare la spazzatura. Mi chiede di cancellare la fotografia con lui presente. E così rimane la foto immediatamente precedente in cui sta aprendo la porta in mezzo ai rivoluzionari polacchi.
Ai lati delle scene di rivolta ci sono due gruppi di tifosi dello Slask che chiudono le pagine più sanguinose e accese della recente storia polacca (I tifosi, anche in città, spesso esibiscono una bandiera “italiana”. Questo perché i colori del Wroclaw sono rosso, bianco e verde e, per ovvie ragioni, è facile reperire bandiere italiane da utilizzare per l’occasione).
Anche in un quartiere malconcio, esplode la vera costante nella vita di Breslavia: l’amore per lo Slask che si mischia all’inesauribile attaccamento dei polacchi verso la loro terra.